Io sono una strada diversa, meno illuminata e più tortuosa. Ma sono sempre una strada da percorrere. Potrei avere un panorama bellissimo...

lunedì 19 dicembre 2011


La PRO LOCO "San Giorgio" di Gioiosa Marea in collaborazione con il Circolo Acli "San Giorgio" e l'Associazione La Trottola US ACLI
indice il primo CONCORSO FOTOGRAFICO "Maestro Angelo Accordino" con tema IL PASSATO RIVIVE NEL PRESENTE ispirato dalla poesia del maestro LU MI PAISI (Da “All’Orru di ‘na Barca” di Angelo Accordino – Ed. Nicola Calabria – Patti, Luglio 2001)
...Scriveva così il Maestro Angelo Accordino, personalità di spicco per la piccola comunità di San Giorgio (ME) e persona i cui insegnamenti hanno guidato ed ispirato tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Prendendo spunto dalle sue parole, il Concorso si propone di raccontare il passato attraverso quello che ne rimane nel presente. I soggetti fotografati non devono necessariamente essere resti inanimati del tempo che fu, ma qualunque cosa riporti al passato, incluso persone, mestieri, giochi, valori, ecc…

PARTECIPAZIONE GRATUITA
PREMI: PRIMO CLASSIFICATO € 50,00
SECONDO CLASSIFICATO € 30,00
TERZO CLASSIFICATO € 20,00

scaricare il regolamento e il modulo iscrizione su
www.fotografika.altervista.org oppure
www.fotografika.4000.it

mail to: fotografika@alice.it

giovedì 15 dicembre 2011

Quanto pesa questa valigia... molto, lo riempita di te. Mi dico spesso che me ne devo liberare. Mi basterebbe fermarmi e aprire il palmo della mano, lasciarla a terra lì accanto a me e continuare a camminare. Ci provo, ma il palmo della mano non si apre.
Allora mi dico mentre faccio altri passi: “Ora apro questa mano e me ne libero” ma niente non funziona.
Quanto pesa questa valigia... molto, ma non me ne riesco a liberare.
Però fammi capire se la devo posare...




Io ero qui che ti aspettavo. Ti aspettavo come le finestre delle case vuote che attendono la luce del sole, come il fiume che attende il suo pescatore, come un cane che attende il ritorno del suo padrone. Io ero qui che ti aspettavo. Ma il giorno passò e si fece largo la notte, scese una sola lacrima e fu tutto silenzio.
Egoisticamente pensiamo che le persone debbano restare accanto a noi per sempre. Ma non è così. Loro ci accompagnano per un tratto del nostro viaggio. E a volte capita, anche nel viaggio più bello, di smarrire la propria valigia. E nel viaggio della nostra vita a volte ci capita di smarrire le persone care. E ci accorgiamo che non ci dà rabbia l’aver perso la valigia in sé, ma il suo contenuto.

mercoledì 7 dicembre 2011

www.kimerik.it
"Quando meno te l'aspetti lui entra con prepotenza, senza chiederti il permesso, senza chiederti se lo vuoi. Lui entra e basta, e non importa chi tu abbia davanti, che sia un uomo o una donna, lui entra e la tua vita cambia. Le tue emozioni, paure, gioie si triplicano... Non trovi che sia assurdo e ingiusto racchiudere tutte queste sensazioni in una sola parola? Amore...".

martedì 6 dicembre 2011


Il cuore ama più della mente... Il cuore soffre più della mente. La mente trova sempre una spiegazione a tutto e, dove non la trova, se ne crea una. Il cuore no! Il cuore dà tutto, anche le sue lacrime. Le versa tutte ad una ad una, fino a quando non ne restano più. E con l'ultima lacrima se ne va anche la speranza. Si può vivere senza speranza? Si può sognare senza speranza? Si può amare senza speranza? No! E allora il cuore diventa cieco... Sordo davanti la sua assenza. E il silenzio si fa con la sua assenza. E nel silenzio il cuore... Lentamente muore.

domenica 4 dicembre 2011

OLTRE IL SUO SGUARDO

La stanza era in penombra e l’aria puzzava d’umidità, di muffa, di vecchio. Decisamente una stanza squallida e spoglia come il resto della casa. Un piccolo armadio senza un’anta, una rete arrugginita con sopra un materasso lercio e tre coperte, dei cartoni accatastati su una parete, che avevano la funzione di una cassettiera, rappresentavano l’arredo di quella stanza. Il pezzo più pregiato e nuovo era costituito da una sedia trovata mesi prima accanto ad un cassonetto dell’immondizia. Era nuova, aveva solo un piede un po’ bruciacchiato dal fuoco.
“O l’hanno lasciata troppo vicina al camino o hanno un bambino un po’ troppo vivace”, pensava mentre la portava a casa.        
Ci stava seduta sopra di fronte la finestra con le persiane semichiuse e rovinate dal tempo e dagli agenti atmosferici. Aveva un’espressione persa nel vuoto. Non era una bella ragazza. Anzi sembrava più un ragazzo che una ragazza: capelli corti e crespi, senza nessuna forma femminile del corpo. Inoltre, aveva uno strano tic all’occhio destro, lo strizzava in continuazione. Neanche con la testa ci stava tanto. Da piccola una meningite l’aveva colpita, segnandole il destino già tortuoso. In poche parole era brutta, scema e molto sfortunata. Ha 16 anni e si chiama Holly, ma per tutti lei è Holly Bang. La chiamano così per via del tic all’occhio, perché quando lo strizza sembra quasi che stia prendendo la mira per sparare. A lei piace quel sopranome, anzi è l’unica cosa che le piace in quella schifosissima vita.
Vive in quello squallore con la nonna, una prostituta che non si rassegnava a mollare l’attività, per paura di dover ammettere la sua vecchiaia. Era una donna che disprezzava tutto e tutti, non avrebbe voluto avere figli e tanto meno una nipote, fra l’altro stupida, tra i piedi. Non avevano altri parenti. Loro due rappresentavano il nucleo della famiglia. Anche sua mamma era una prostituta ma era morta durante il parto. Molto probabilmente anche lei avrebbe proseguito l’eredità della famiglia, ma sua nonna non volle, non per uno slancio d’affetto, ma semplicemente perché non ci avrebbe guadagnato niente.
“Sei brutta e scema, li dovrei pagare io i clienti che vengono con te… sempre se qualcuno trova il coraggio”, le disse così un giorno senza mezze parole, ridendole in faccia.
Era seduta sulla sedia, stava sempre seduta lì, ormai erano settimane che non usciva di casa, ma non importava né a lei né tanto meno a sua nonna che fra l’altro non ci vedeva niente di strano. Però qualcosa di strano era successo, ma lei nel suo egoismo non se n’era accorta o semplicemente non gliene fregava niente.
Holly Bang invece ci pensava sempre tutti i giorni e tutte le ore. Quel pensare la faceva stare male, ma non le importava se la “vecchia”, così chiamava la nonna, non la capiva o aiutava. Nella sua vita c’era “Lei”, la sua amica, l’unica che la capiva e che le voleva bene.                         
“A cosa stai pensando?”.
“A niente…”
“Non mentirmi, lo sai che non puoi con me.”
“Si scusami… stavo pensando… a lui.”
“Te l'ho detto cosa dobbiamo fare… vendicarci.”
“Ma…”
“Niente ma! Deve pagare.”
“Hai ragione tu.”
“Sì lo so, sono l’unica a capirti e a volerti bene, te l’ho detto mille volte siamo un'unica persona.”
“Sì! La deve pagare.”
Ad un tratto sentì la “vecchia” gridarle: “Scema portami dell’acqua calda.”
Aveva da poco finito la sua prestazione con un cliente di vecchia data.
“Perché ti fai trattare così da quella vecchia strega? Manda a fanculo lei e a tutti quelli che ti trattano di merda… cazzo Holly fatti rispettare.”
Non disse niente, si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza tenendo lo sguardo basso. Andò nel bagno e riempì una bacinella con dell’acqua calda.
“Ha ragione lei. Ha sempre ragione lei… sì mi devo fare rispettare da domani cambio vita”, pensava a questo mentre si dirigeva nella stanza della “vecchia”.
La “vecchia” era sdraiata sul suo letto matrimoniale, la stanza era luminosa e accogliente, non centrava niente con il resto della casa, sembrava un mondo a parte e una zona vietata per Holly. Poteva entrarci solo per pulire e sempre alla presenza della “vecchia”.
“Questa stanza non è adatta ad una nullità come te”, le ripeteva sempre. Holly sapeva che in fondo lei aveva ragione, si rendeva conto che quella era una bella stanza ma soprattutto aveva un gran significato per la “vecchia”. Glielo raccontò una volta, forse per sfogarsi, forse per un attimo d’intimità familiare o semplicemente perché si era scolata un’intera bottiglia di vino scadente e le era venuta la parlantina:
“Sai... la mia vita non doveva finire così, per me c’era in programma un’esistenza migliore se il destino del cazzo non s’intrometteva. Mi dovevo sposare, avevo già tutto pronto, i miei non erano d’accordo ma io avevo pensato ad ogni cosa: la casa, i mobili, il vestito… ma tre giorni prima delle nozze quello “stronzo” ha preferito andarsene in Germania con la sua amichetta, lasciandomi sola, disperata e con un mare di debiti. Ho venduto tutto, tranne la casa e questa camera di merda che ne ho fatto il mio regno, dove re e pezzenti s’inchinano davanti a me per un po’ di felicità.”
Holly non la riconosceva, era triste, non l’aveva mai vista così, l’avrebbe voluta abbracciare, ma non lo fece. Si guardarono negli occhi, quelli della “vecchia” erano lucidi.
“La vita fa schifo e ora vai al diavolo”. Non ne parlarono più da quella sera, anzi la “vecchia” si comportò sempre peggio con lei, si era scoperta e non doveva accadere più.    
“Ma quanto cazzo ci hai messo stupida che non sei altra? Non servi proprio a niente, sei una nullità, ti dovrei lasciare in mezzo ad una strada”. La “vecchia” era furiosa, aveva bevuto anche un po’ e l’alcol le annebbiava il cervello facendole uscire quella valanga di parole, senza rendersene conto del male che procuravano a chi le ascoltava.
“Dovevi morire insieme a quell’altra nullità di tua madre, così mi avresti lasciato in pace”, era avvolta nella sua vestaglia rossa trasparente, la stanza puzzava ancora di sesso.
Holly posò la bacinella con l’acqua sulla sedia accanto al letto dove gia erano disposti una spugna e un asciugamano, guardò per un attimo la “vecchia” sembrava stanca, e in fine uscì dalla stanza.
“La stronza non si poteva alzare?”
“No, è stanca.” rispose Holly con lo sguardo basso.
“Ah? La signora è stanca… ma quando ti vuoi svegliare? Ti sembra che non ho sentito quello che ti ha detto?”
Holly ascoltava e si sentiva mortificata; la stava deludendo, non glielo diceva ma lei lo capiva che la stava deludendo.
“Guarda che se continua a trattarti così l’ammazzo, hai capito? L’ammazzo, te lo giuro!”.
A Holly gelò il sangue nelle vene e pesanti lacrime silenziose le scesero dagli occhi.
“Anzi sai che faccio ora? Glielo vado a dire di lasciarti in pace.”
“No, ti prego…” la voce le tremava, non voleva che lei entrasse in quella stanza, non poteva. Cercò di trattenerla ma non ci riuscì.
La porta si aprì lentamente e un’ondata di luce illuminò il corridoio. La “vecchia” dormiva scomposta sul letto, l’alcol doveva aver raggiunto il suo scopo, russava ed era l’unico rumore che si avvertiva per tutta la casa. Holly rimase sulla porta mentre lei lentamente si avvicinava al letto e, infine, all’orecchio della “vecchia” e le sussurrò:
“Devi lasciarla in pace vecchia puttana che non sei altra, sei una merda fallita, devi ringraziare il cielo se sei ancora viva, ma non sfidare la sorte”.
Si era appena rialzata e stava sorridendo a Holly quando ad un tratto si sentì: “CHE CAZZO CI FAI QUI?”.
La “vecchia” si era svegliata e il rossore della sua faccia non prometteva niente di buono. Prese la sveglia che stava sul comodino e la lanciò in direzione della porta e per poco non prendeva Holly sulla testa. Cercò goffamente di alzarsi dal letto, ma  fra l’alcol in testa e la vestaglia fra le gambe, perse l’equilibrio, ricadendo in faccia in giù sul letto.
“Scappiamo o ci ammazza”, gridava Holly.
La “vecchia” intanto si era rimessa in piedi dirigendosi a passo spedito, per quanto la sua lucidità le permetteva, verso la porta. La gamba le finì sulla sedia facendola cadere nuovamente.
“Ti ammazzo… ti ammazzo maledetta”, gridava come una posseduta sbattendo la sedia su un’anta dell’armadio.
Nel frattempo Holly e “Lei” si erano dirette in cucina.
“Che cosa facciamo?”, gridava Holly reggendosi ad una sedia.
“Ci ammazza…ci ammazza”, tremava ed era affannata.
“Cazzo! Stai calma e fammi pensare…”
Il cassetto delle posate si aprì e “Lei” afferrò un lungo coltello che infilò nelle mani di Holly:
“Le facciamo prendere uno spavento con questo e vedi come ti lascerà in pace…”
Holly non disse niente, sentiva i passi della “vecchia” avvicinarsi sempre di più. Teneva il coltello in mano come una spada, imitando la posa dei guerrieri che guardava nel suo telefilm preferito in tv. La porta della cucina si spalancò e come un demone di una storia horror comparve la “vecchia” che minacciosamente si avvicinò ad Holly. Fu un attimo. Si trovarono una di fronte all’altra e nel mezzo il lungo coltello che partiva dalle mani di Holly per finire dentro il petto della “vecchia”. Barcollò per un po’ finché tramortita cadde a terra.
Holly osservò inorridita le sue mani sporche di sangue. Cominciò a tremare e a guardarsi in torno:
“Dove sei? Aiutami…”, era disperata.
“Sono qui dietro di te, tranquilla”, il tono di voce di “Lei” era pacato, come se in quei pochi attimi non fosse accaduto niente di strano.
“Cosa ho fatto? Che cosa ho fatto?”, Holly si rivolgeva al corpo senza vita che si trovava davanti a lei con un tono di supplica come se “Lei” si trovasse lì per giudicarla, ma la risposta che le diede la sorprese.
“Quello che dovevi fare tanto tempo fa… se lo meritava e in ogni caso l’hai liberata dal suo squallore.”
“Ma lei era…”, aveva un’espressione di stupore sul viso.
“lei… era cosa? Ti ricordo che è per colpa sua se ti è successa quella cosa. Chi l’ha portato in questa casa?”
“Lei!” Holly rispose guardando a terra… come sempre nella sua vita.                   
Tutto si svolse come in un film, con un copione scontato e con scene lente e innaturali.
SCENA 1
Holly porta il corpo della vecchia nel giardinetto dietro casa. Era un posto sicuro lontano da occhi indiscreti. Non passava nessuna strada da quella parte e la casa più vicina si trovava a quasi un chilometro. Holly l’aveva sempre pensato che se qualcuno si fosse intrufolato in casa loro e le avesse uccise, non se ne sarebbe accorto nessuno, erano isolate dal resto del mondo. Questo andava bene sia a loro due che al resto del paese. La “vecchia” non era ben vista in quel paesino di provincia ovviamente per il suo mestiere, ma in più alcuni non sopportavano come trattava la nipote, ma questo Holly non lo sapeva. Scavò una profonda fossa sotto l’albero rinsecchito del melograno e c’infilò il corpo avvolto nelle lenzuola. Ricoprì per bene la buca con la terra e finito di coprirla ci accatastò sopra la legna del camino ricoprendola con il cellofan. Si era affaticata e respirava con la bocca, creando nuvolette di vapore. Si guardò intorno con aria soddisfatta, scorse il viso di “Lei” dietro la finestra della cucina che si affacciava sul giardino. Si sorrisero.

SCENA 2
Holly rientra in casa e riordina la stanza della “vecchia”, rifà il letto, mette a posto la sedia e tutto il caos che si è creato in quel trambusto.
“Prendi tutti i suoi vestiti”, le disse “Lei” da dietro le sue spalle.
“Perché?”, Holly si stupì della sua richiesta.
“Certe volte mi fa tenerezza la tua ingenuità. - le sorrise - Li bruciamo nel camino, così possiamo dire che è partita via, portandosi tutto e lasciandoti per sempre.”
“Come farei senza di te?”, Holly aveva un tono d’ammirazione per il suo angelo custode.
“Dai prendiamo tutto… non perdiamo tempo”. Il suo tono era eccitato.
Mezz’ora dopo un fuoco intenso bruciava tutto quello che ricordava la “vecchia” trasformandolo in cenere e, più il fuoco s’intensificava più il ricordo della donna svaniva.

SCENA 3
Holly in ginocchio sul pavimento cercava di eliminare con una spugnetta le tracce di sangue. “Lei” la guardava dall’alto, aveva il viso pensieroso ma ad un tratto s’illuminò come se avesse qualcosa d’importante, come un bambino che strappando la carta da regalo trova il giocattolo che aveva chiesto ai genitori. Le disse:
“Dovresti lavare l’intera stanza con abbondante candeggina… come in quel film, ti ricordi?”, la sua voce era eccitata.
Holly la guardò con meraviglia e le sorrise: “Hai ragione, come nel film dell’altra sera.”
“Abbiamo fatto bene a guardarlo, ci ha risolto questo piccolo problemino, con la candeggina disinfettiamo ed eliminiamo ogni traccia di sangue.”
“Vado subito a prenderla”, rispose Holly.  
Corse nel ripostiglio a prendere il flacone di candeggina, ne trovò due “Che fortuna!” si disse, e tornò di corsa in cucina alzando i due flaconi in mano come due trofei. Lavò tutto con cura e senza premura. Ora mancava solo una cosa da pulire, il coltello. Se lo rigirava fra le mani davanti al lavandino, quando ad un tratto, una voce dietro di lei la fece sussultare, rischiando quasi di tagliarsi una mano.
“Non ti piacerebbe affondare quel coltello nel petto di quel maiale?”
Era “Lei”, la sua voce era gelida tanto da procurarle dei brividi. Si strinse nelle spalle, sentendosi confusa, sola. Le mani le tremavano e il coltello le cadde nel lavandino. Non riusciva a far uscire nessun suono dalla bocca. Con un filo di voce disse: “Ma io non sono un’assassina.”
“Che cazzo dici?”
“Lei”si era infuriata cominciando a sbattere i pugni sul tavolo. Holly non l’aveva mai vista così e si spaventò a morte cominciando a piangere.
“Non sei un’assassina? Questo lo so… ma lui deve pagare… PAGARE... HAI CAPITO?” le gridava.
Holly fra le lacrime fece un sì con la testa. Quel gesto calmò “Lei”, anche se era ancora irritata, si diede un tono più calmo e persuasivo alla voce.
“Lui ti ha fatto del male. Ha approfittato di te usandoti come un oggetto, umiliandoti. Ti ha violentato e per questo che la deve pagare, capisci?”
“Sì.” Holly disse solo questo, voleva dire tante altre cose ma non trovava le parole.  Fra le lacrime lavò con cura il coltello e andò nella sua stanza.
  
Il suo sonno fu continuamente interrotto da incubi. Prima di andare a dormire “Lei” le aveva spiegato il piano per fargliela pagare al bastardo, un piano semplice e per niente difficile da eseguire. Ogni volta che si destava dal sonno guardava il luccichio della lama del coltello posato sulla sedia, ma si rassicurava vedendo la sua amica accanto a lei. E infine si riaddormentava.
Arrivò la mattina e con lei una certezza… gliela doveva far pagare.
 
Holly si alzò dal letto e si accorse che la sua amica non c’era più. Si sedette sul bordo del letto e fissò la sedia con il coltello sopra. Si vestì senza fretta e nella mente si ripassava il piano che l’amica le aveva spiegato la sera prima.
“Come vedi è semplice, così il bastardo la pagherà per quello che ti ha fatto, tu ti fidi me?”
“Sì. Io mi fido solo di te.”
Afferrò il coltello e si avviò al bagno. Si guardò nello specchio e il suo viso s’illuminò. Sorrise.
“Ciao!” disse alla sua immagine riflessa.
“Ciao ti sei svegliata”, rispose l’immagine riflessa allo specchio.
“Sì. Allora non sei andata via e non mi hai abbandonato?”
“Perché ti dovrei abbandonare? Non lo farò mai.”
“Ho preso la mia decisione, la deve pagare quel bastardo.”
“Brava, saggia decisione. Ero convinta che l’avresti fatto.”
“Perché?”
“Te l’ho detto che io e te siamo un'unica persona.”
L'edizione serale del telegiornale locale, riportò la notizia della morte di un pensionato accoltellato nella sua camera da letto. Sebbene le indagini seguissero varie piste, la magistratura brancolava ancora nel buio. L’uomo era già noto alle forze dell’ordine. Era indagato per pedofilia e violenza sessuale.